N.11 (parte prima)
Opera di Gabriella Freuli
Ma cosa è un Trauma? Il trauma viene definito come
“qualsiasi cosa accada a una persona che venga percepita come “troppo e troppo
in fretta”, “troppo e per troppo tempo”, o “non abbastanza per troppo tempo”. (“Esercizi
Polivagali per la sicurezza e la connessione” - Deb Dana del 2020 – che cita a
sua volta un testo del 2014 di Duros e Crowley).
Negli articoli precedenti ho descritto cosa avviene nel
sistema nervoso in risposta ad un evento traumatico: 1) La dissociazione dal
ricordo del trauma produce una frammentazione della personalità in diverse
parti.
2)le parti rimangono cristallizzate, uguali a loro stesse,
senza la possibilità di evolvere nel tempo, e hanno l’età psicologica della
persona al momento del trauma.
3) Il Sé della vita di Oggi è ciò che della Personalità
cresce e diventa adulto, permettendo il massimo adattamento all’ambiente
esterno, malgrado i traumi subiti.
Per far conoscere le parti vorrei descrivere alcuni modi di
fare delle persone adulte, che assomigliano al comportamento dei bambini e
degli animali. Sono modi di fare istintivi, comuni a molti di noi, in cui le
varianti individuali sono solo superficiali.
Nel corso della crescita alcuni di questi comportamenti
vengono abbandonati e sostituiti da atteggiamenti più moderati, riflessivi,
creativi.
Queste “parti” piccole, all’interno della personalità che le
accoglie e di cui si compone, agiscono con comportamenti di difesa elementari,
semplici e primitivi, che ricordano appunto il mondo animale.
La loro funzione è difendersi dal trauma.
a)
La parte attaccamento si
difende in due modi diversi:
1)
se è in presenza della persona amata,
è aggrappata ad essa, fisicamente o mentalmente. Non può tollerare distrazioni.
Se l’altro è impegnato in qualcosa, si sente trascurata e cerca di riassorbire
tutta l’attenzione su di Sé. È spaventata dall’idea di essere abbandonata e si
sente tranquilla solo se ha il pieno controllo sull’altro. È estremamente
sensibile e capta anche i più piccoli segnali di allontanamento. Si offende
facilmente e interpreta ogni minima mancanza dell’altro come una violenza e un
tradimento. In questo modo la parte attaccamento sembra raccontare di aver già
vissuto un tradimento o un abbandono; quindi, non sta raccontando di essere
stata semplicemente lasciata o rifiutata o ingannata, ma di essere stata
abbandonata in tenerissima età, di essere stata ferita nel profondo di un’anima
ancora in formazione ed in uno stato di totale dipendenza. Racconta in questo
modo di vivere nel terrore di essere nuovamente abbandonata e di voler fare
tutto il possibile per evitarlo. Qualcuno di noi si è sentito così e sa di cosa
parlo, qualcun altro sta immaginando una persona che conosce o con cui ha avuto
una relazione. Chi è fuso in questa parte attaccamento può controllare il
cellulare dell’altro o i suoi profili social, può limitarne la libertà d’azione
con una gelosia eccessiva. Può pretendere un rapporto esclusivo e simbiotico.
2)
Se è sola, la parte attaccamento
si esprime con un grido d’aiuto. Si sente incapace di vivere e di provvedere
autonomamente a sé stessa, ha paura di tutto, ma principalmente si sente
disperata e in pericolo di vita. Per queste ragioni la parte attaccamento fa
richieste strazianti di aiuto, piange a dirotto e trema. Le persone che sono
fuse nella parte attaccamento quando sono sole dicono di sentire un’angoscia
lancinante nel petto che fa passare loro la voglia di vivere e non fa desiderare
altro che di ricongiungersi con l’altro perduto, a qualunque costo. Chi si è
sentito così sa di essere stato disposto a tutto pur di non perdere la persona
che ama o da cui si sente amato. Anche queste emozioni raccontano qualcosa che
è già accaduto in un’epoca della vita in cui realisticamente l’essere lascito
solo ha innescato il terrore e tutta una serie di azioni rivolte a suscitare in
altri l’impulso ad accorrere in soccorso.
b)
La parte sottomissione si
difende obbedendo a richieste esplicite e dirette, ma anche a richieste non
formulate in modo chiaro. Anticipa i bisogni dell’altro, si sacrifica, si fa
carico di tutto. In fondo in fondo nutre un sottile senso di colpa che la
spinge a sacrificarsi per espiare e ritornare degna d’amore. In questo modo si
assicura la vicinanza delle persone care. Si addossa la responsabilità di tutto
e quando riceve una critica è persuasa di essersela meritata. La parte sottomissione
racconta la storia di un trauma in cui, pur essendo stata vittima di maltrattamenti
da parte delle persone che l’avrebbero dovuta proteggere, non può concepire che
esse siano cattive e pericolose, perché non avrebbe più nessuno a cui ricorrere.
Per un adulto autosufficiente fuggire via da chi lo perseguita può
rappresentare la salvezza. Ma la parte sottomissione racconta una storia
avvenuta nell’infanzia e un bambino non può scappare. Per questo motivo la
parte sottomissione si convince di essere stata vittima di qualcosa che si è
meritato, che se fosse stata più attenta e sottomessa non sarebbe accaduta. Le
persone care che la puniscono con umiliazioni, con percosse o trascurandola,
non sono cattive, ma è lei a provocare in loro quei comportamenti. È lei
l’unica colpevole, mentre gli altri sono bravi e buoni. Chi non ha mai visto un
cucciolo di cane con le orecchie basse e la coda tra le gambe, guaire ai piedi
del suo padrone dopo essere stato sgridato o malmenato. Sembra chiedere
perdono. Qualcuno invece ricorda di essersi sentito in colpa dopo aver ricevuto
una sfuriata inattesa, anche senza sapere che cosa avesse fatto di male. Oppure
ha temuto di essere giudicato negativamente solo per aver espresso un proprio
pensiero o un sentimento. Queste sensazioni raccontano di esperienze vissute e
forse dimenticate con il cervello sinistro, che restano impresse sottoforma di
sensazioni corporee ed emozioni nel sistema nervoso autonomo o sottoforma di
immagini ed emozioni nel cervello destro.
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