n.10 uno nessuno centomila
A volte ci piacciamo molto, quando ci sentiamo calmi, per
esempio e abbiamo buone capacità di ascolto, quando siamo brillanti nella
conversazione o siamo concentrati su quello che facciamo, quando ci sentiamo
creativi, pieni di inventiva e con una buona sicurezza in noi stessi. Vorremmo
descriverci così a quelli che non ci hanno ancora conosciuto. Ci piacerebbe
dare questa bella immagine di noi stessi. Ma facendo un rapido inventario delle
diverse situazioni in cui ci siamo trovati, volendo essere completamente onesti
con noi stessi, dobbiamo ammettere che in certe occasioni siamo stati veramente
un disastro! A volte siamo così infuriati da non sapere neanche cosa stiamo
blaterando e subito dopo possiamo pentircene amaramente. Una mia amica è nota a
tutti per la sua gentilezza. Un modello di garbo e di altruismo. Eppure, in
certe situazioni le ho visto perdere il controllo ed esprimersi come uno scaricatore
di porto, diceva mia nonna. Riparlandone con lei, mi confidava di non essere
per niente soddisfatta di aver avuto quella reazione, e che a freddo avrebbe
manifestato la propria rabbia ed espresso le proprie ragioni in tutt’altro
modo.
Sono sicura che tutti avremmo aneddoti di questo genere da
raccontare: “a casa ho il magone, sono scontrosa e irascibile. Non una buona
parola per nessuno. Appena fuori dal portone di casa incontro i vicini e li
saluto con il mio più sfavillante sorriso. Sono nota per essere una persona
veramente cordiale, rassicurante, sempre allegra…” Mi raccontava un’altra
amica. “Sono un’ipocrita? No, non mi sento tale. Ma la verità è che in casa
sono una persona e fuori di casa sono un’altra. Senza che io lo voglia!” La spiegazione
è semplice e sorprendente: uno solo di noi è il Sé adulto, gli altri potrebbero
essere le nostre parti piccole.
Nei precedenti articoli ho spiegato come i traumi infantili
generano la frammentazione della personalità in parti “piccole”. Queste parti
che restano incastrate dentro di noi, prendono il sopravvento in certe
situazioni scatenanti. Insieme a loro c’è una parte che cresce e va avanti con
la vita normale: il sé della vita di oggi. In seguito, descriverò le parti
piccole secondo la teoria proposta da Janina Fisher, che si ispira a sua volta
al modello degli Internal family sistem.
Se vogliamo attribuire un’emozione con i corrispondenti
comportamenti e pensieri ad una “parte piccola di noi” che si è attivata e ha
reagito in un certo modo al posto nostro, dobbiamo imparare a riconoscerla. Le
parti sono cosiddette “piccole” sia perché appartengono ad un intero più
grande, sia perché hanno la personalità che avevamo noi al momento del trauma,
in molto casi quindi quando eravamo piccoli. Mentre il Sé della vita di oggi è
in grado di pensare e sentire nello stesso momento, di provare emozioni
moderate, che rientrano nella cosiddetta finestra di tolleranza e consentono
alla persona di regolarle, le parti piccole sono rigide, hanno dei
comportamenti stereotipati ed eccessivi tanto sul versante dell’iperattività
che sul versante del blocco e della passività. Gli psicologi la chiamano
“disregolazione emotiva” e la descrivono con un grafico in cui i picchi in
basso e in alto escono dalle linee superiori e da quelle inferiori invece di restarne
all’ interno.
Le parti piccole si comportano come bambini oppure come i nostri
parenti animali, perché reagiscono prevalentemente con quelle parte del sistema
nervoso, il cervello rettiliano o mammaliano, predominanti nell’infanzia.
Infatti, quando nasciamo siamo più simili ad una bestiolina
che ad un essere umano come siamo abituati a prefigurarcelo. Questo paragone
non declassa il nostro valore, ma a mio avviso lo rispetta, perché gli
attribuisce naturalità, istinti ed emotività che nella nostra razionalità
corticale vengono meno.
Alla nascita, benché con requisiti squisitamente umani, dobbiamo
tuttavia fare i conti con lo scarso sviluppo del nostro sistema nervoso, che
verrà portato a completo compimento nei 20 anni a venire.
Ecco che lo studio dell’etologia ci viene in aiuto per
comprendere il senso delle nostre prime esperienze, di quando eravamo
piccolissimi, elaborate attraverso un sistema nervoso immaturo e incompiuto, in
cui l’anima rettile imperava, il sistema mammaliano si imponeva progressivamente
e la corteccia cerebrale si sviluppava con molta calma, anche se a velocità
smisurata considerando la lunghezza del tragitto che aveva da compiere. Altre
volte, invece, l’etologia ci può far comprendere anche i comportamenti delle
persone adulte: quando sono ispirati da modalità infantili (nonché animali).
Siamo come matriosche in cui solo la più esterna ha l’età
anagrafica. Le altre al suo interno sono molto più giovani.
Le parti, quindi, possono essere rappresentate come dei
bambini o come degli animaletti, cuccioli o adulti di rettile o di mammifero a
seconda delle situazioni. Nella personalità frammentata queste parti piccole
sono connesse al momento del trauma e si esprimono in un modo che ne è
evidentemente influenzato.
La mia amica cortese, quando si scatena una parte
adolescente infuriata, si esprime in modo greve e violento, ma può essere
paragonata anche ad un gatto che soffia, con il pelo irto e le unghie di fuori.
L’altra amica è una bambina sottomessa e infelice in casa, come un cane
impaurito, ma fuori ritorna la donna spensierata che va incontro al mondo.
La Fisher menziona 5 parti piccole:
·
la parte Attaccamento
·
la parte Sottomissione
·
la parte Freezing
·
la parte Fuga
·
la parte Attacco
Le prime 3 sono “connesse” al trauma, cioè sono memorie
emozionali con tutto un correlato neurofisiologico (battito cardiaco,
respirazione, tensione muscolare ecc.) provocato dal trauma. Le ultime due sono
parti che difendono le altre e si sviluppano più tardi.