N.2
I traumi e la frammentazione del Sé.
La Psicologia (dialogo
sulla psiche) descrive ciò che tutti sappiamo: un po’ come spiegare la figura
umana, che anche se non abbiamo uno specchio basta guardare un’altra persona, e
un’altra, e un’altra ancora e poi riconoscere cosa abbiamo in comune…la pelle, gli
organi interni, una colonna vertebrale anche se con cifosi o scoliosi o lordosi
diverse…siamo tutti uguali e diversi nella similarità.
Di solito, quando parlo di psicologia, mi riesce di farlo in modo chiaro anche per un bambino perché quello di cui parlo è ciò che anche lui sente, pensa, fa. E se lo può capire un bambino lo possono comprendere anche i grandi. Ma parlare è più facile, c’è la voce e lo sguardo e con il corpo si può far vivere anche quello che non è immanente, passato o futuro che sia. Affabulare è mettere le cose negli occhi, creare melodia nelle parole, ritmo, gioco e vivacità, è afferrare l’attenzione di chi ascolta mentre si emoziona. Pare che l’intero sistema nervoso, dal centro del cervello superiore alle estreme periferie nervose, si attivi e si sintonizzi creando un contatto tra chi parla e chi ascolta.
Scrivere è un’altra cosa, non c’è
ora chi legge e non ci sarò io quando avrò smesso di scrivere e verrò letta. Le
parole scritte seguono altre leggi in cui il corpo e la presenza si dispiegano
in modi misteriosi e imprevedibili. Ci provo. Vediamo cosa riesco a fare.
Il primo scopo di questo e dei futuri articoli è la diffusione del modello psicoterapeutico di Janina Fisher ai non addetti ai lavori. Ho consigliato il suo libro, Guarire la frammentazione del Sé, ai miei clienti, ma lo hanno trovato un po’ tecnico e in alcune parti duro da leggere. Janina spiega come i traumi infantili producano la frammentazione del Sé che è alla base della infelicità delle persone adulte e delle loro difficoltà relazionali e di adattamento alla vita. Ma cosa sono i traumi?
Negli ultimi anni gli psicologi
parlano molto di trauma. Credo lo facciano anche ortopedici, osteopati,
fisiatri, ecc. I traumi sono scritti sul nostro corpo e restano a testimoniare
delle storie. Sto parlando di quella volta che sei andato ad urtare alla gamba
del tavolo con il piede nudo. L’ultimo dito del piede ha
avvertito un dolore lancinante che ti è arrivato in gola e hai urlato, poi si è
gonfiato ed è diventato tutto rosso. Per un po’ non hai camminato. Poi è
passato. È PASSATO. Qualche giorno dopo neanche te lo ricordavi più. Eppure,
dopo tanti anni, quando urti quel dito da qualche parte vedi le stelle, allora sì
che te lo ricordi di quella prima volta.
Nulla si cancella completamente. Tutto conserva una memoria. L’iridologo ti legge il passato guardando un solo tuo occhio. L’osteopata, toccandoti, sa che ti sei fratturato un braccio, che ti hanno tolto una sedia da dietro e sei finito in un botto seduto sul pavimento.
Anche una ferita è un trauma. Di quella resta la cicatrice e più ne hai e più puoi andarne fiera, dicevo a mia figlia quando era piccola, ogni cicatrice un trofeo di esperienze di vita, in cui il dolore vissuto e superato rappresenta il sapore, il valore, il senso di ciò che è accaduto.
Insomma, i traumi sono rotture, ferite, privazioni, ecc.
Come pensare di vivere senza
traumi! Ma ci sono traumi e traumi.
E ci sono i traumi psicologici,
quelli che vanno a colpire il sistema nervoso e generano delle reazioni che le
neuroscienze stanno studiano da un ventennio e finalmente stanno misurandone
l’entità e le conseguenze. Spesso nefaste.
Il nostro sistema nervoso si attiva,
secerne ormoni, si modifica e crea reazioni, si
spegne e rallenta. Noi sentiamo il cuore battere più velocemente o il respiro
bloccarsi quando abbiamo paura, avvertiamo tensioni o vampate di calore a seconda dello stato emotivo, sudiamo se in ansia,
sbadigliamo se annoiati…l’eloquio accelera come il nostro pensiero quando ci eccitiamo oppure la gola si secca
e gli occhi si sbarrano se il panico si impossessa di noi. Il sistema simpatico si attiva, oppure il
parasimpatico…ci viene mal di pancia per l’ansia e corriamo al gabinetto.
Siamo animali con un’anima rettile (tipo il fil di ferro che si mette nei pupi di cartapesta), con una consistenza mammifera fatta di istinti ed emozioni e con un cappello primate capace di pensieri razionali. Il nostro corpo intero è traumatizzato quando vive uno shock, uno stress prolungato, una umiliazione o una grave perdita. I traumi sono tanti e di innumerevoli tipi e restano tutti nella memoria del corpo.
Quelli di cui parlerò sono
i traumi dell'attaccamento e dell'educazione violenta.
In alcuni ambienti sociali del
nostro occidente, l’educazione è diventata non violenta (qualcuno già conosce la comunicazione non violenta e le sue regole).
Non sappiamo ancora esattamente le conseguenze di questo tipo di educazione. Si
potrebbe saperne qualcosa attraverso comparazioni antropologiche oppure
attraverso follow up di effetti osservabili nel tempo quando i bambini
cresciuti con l’educazione non violenta saranno adulti. Eppure l’educazione violenta è ancora molto frequente e ottiene degli effetti a breve
termine di controllo sul comportamento infantile che ne rafforzano l’uso tra i genitori e gli adulti educanti. La
violenza può essere fisica, verbale, ecc. ecc.
Ancora oggi in molte famiglie
l'educazione e il controllo del comportamento si ottiene attraverso dei sistemi
di costrizione fisica e psicologica. In un ambiente pieno di pericoli o che
richiede uno stile di condotta molto rigido per essere accolti dal gruppo, è
necessario imporre delle regole che abbiano la massima probabilità di essere
rispettate. L'educazione violenta (traumatica) riesce a garantire ubbidienza,
sottomissione, rigore, e quindi a seconda dei casi la sopravvivenza o
l'approvazione sociale.
In un ambiente pericoloso il rischio maggiore è rappresentato dalla perdita della vita, oppure dal restare feriti gravemente. L'educazione traumatica (violenta), avrebbe dunque lo scopo di salvare la vita in una società pericolosa, facendo pagare però un costo molto elevato, perché la psiche del bambino e il suo sistema nervoso sono costretti ad organizzarsi per sopravvivere al trauma stesso e andare avanti. Le tracce di questi traumi sono indelebili e sottovalutate, perché questo adattamento creativo e intelligente del bambino traumatizzato crea, ad opera d'arte, la personalità dell'adulto che diventerà crescendo. E quell'adulto potrà avere una parvenza di persona felice e realizzata.
Quindi, il discorso sugli effetti dei traumi non riguarda solo coloro che sono stati vittime di gravi violenze e abusi, ma riguarda anche quelli che hanno vissuto in un ambiente educante che, in buona fede, ha inferto loro dei traumi. Questo spiegherebbe come mai persone che non possono dire di avere subito degli abusi, poi, però, hanno comunque un Sé frammentato, che porta dolore, frustrazione, mal di vivere.
Dalla preistoria ai giorni nostri l'umanità ha generato adulti che da piccoli sono sopravvissuti a traumi psicologici e questa condizione è stata da sempre la normalità. Sino ad oggi.