N. 4 Piccoli traumi quotidiani.
Ieri al lago
ho visto due bambini piccolissimi mano nella mano, con i loro costumini e cappellini in testa. Due bambini di appena tre anni che parlavano tra loro
mentre alcuni adulti li seguivano ad una certa distanza. Erano bellissimi, così
piccoli e nello stesso tempo così seri, presi da una improbabile conversazione,
impegnati nel camminare e nel guardarsi. Saranno stati alti 40 cm, paffuti,
dolci e teneri…non ho potuto fare a meno di pensare come sarebbe stato facile
traumatizzarli.
Avete mai
visto un bambino di tre anni che assiste ad una brutta lite tra adulti oppure
che viene sgridato violentemente dal genitore? Avete notato il suo corpo immobilizzarsi, gli
occhi sbarrati, il petto scosso dai battiti del cuore accelerati? Avete visto
la sua espressione confusa e spaventata? Se lo avete visto così come io ve lo
descrivo vuol dire che quel bambino non è avvezzo a cose simili. Un altro
bambino nella stessa situazione resta apparentemente tranquillo fissando un
punto sospeso nel vuoto, la sua espressione può sembrare indifferente, quando
invece non reagisce con una certa agitazione motoria che viene scambiata per
vivacità. Quest’altro bambino potrebbe essere abituato ad essere coinvolto in
scene violente. Ma anche per lui c’è stata una prima volta in cui, colto di
sorpresa, è rimasto congelato, piccolo essere umano in un mondo di giganti
violenti. Quando un bambino ha paura corre dai genitori per ricevere
protezione. Così fanno anche i cuccioli di altre specie mammifere. La natura ci
ha dotato di due istinti fondamentali, quello di esplorazione che porta i cuccioli
ad allontanarsi sempre di più dal genitore per andare a conoscere l’ambiente
intorno, e quello di attaccamento che consente loro di tornare alla tana per
assicurarsi protezione e nutrimento. I pericoli dovrebbero essere nell’ambiente
esterno, dove ci si deve muovere con cautela ed essere pronti a difendersi o a
fuggire. In casa propria si dovrebbe poter dormire, chiudere gli occhi e
rilassarsi. Il mio gatto si mette a zampe all’aria mostrando la pancia sicuro
che al massimo si becca qualche grattatina. Un bambino con attaccamento sicuro
è forte e tranquillo quando esplora perché ha sperimentato la sicurezza e
l’amore in casa.
I bambini
traumatizzati hanno un attaccamento insicuro. Non possono rilassarsi a casa
propria, temono le reazioni dei loro genitori, si sentono in pericolo in
qualsiasi momento, rischiano botte, insulti e nella peggiore delle ipotesi
l’abbandono. Sì, perché botte, sgridate, umiliazioni e trascuratezza sono
preferibili al peggio: restare soli senza mamma e senza papà.
Riflettevo
sul senso di vuoto che i bambini traumatizzati sentono dentro sé stessi. Un
vuoto che da adulti vorrebbero riempire in qualsiasi modo e che genera un
malessere insopportabile. L’invisibilità è l’incubo dei bambini, Scola nel film
La famiglia descrive la disperazione del bambino che crede di essere
diventato invisibile a tutti. Non esistere per nessuno, non essere nella mente
degli adulti di riferimento, avere conferma di non essere pensato, immaginato,
intuito né percepito è per il bambino come essere diventato invisibile. Il
vuoto è fuori, come perdersi nel deserto, sentire il silenzio assordante e
l’angoscia crescente che ti attanaglia. Il vuoto è ciò che si rispecchia
nell’animo quando si è invisibili alle persone che contano. Io non esisto se
non vengo percepito e non ricevo riscontro da nessuno…di contro vedo alberi di
castagno ed erba frusciante al vento, uccelli volare nel cielo e insetti sulla
terra, grappoli di frutta e odori di fiori e di rovi secchi o di umidità
all’alba…la natura acquieta l’ansia di un mondo privo di vita dentro un
appartamento cittadino in cui non c’è altro da fare che guardare un monitor. Il
vuoto è una sensazione che si imprime nel corpo di un bambino, traumatizzato
dall’essere invisibile o dall’essere scambiato per un altro bambino, cioè per
quello che è nella mente dei suoi genitori e che è ben diverso da lui, uno che
porta il suo stesso nome e le sue stesse fattezze. Se lui vuole mangiare invece
il bambino amato magari è sazio e lo fanno riposare, se lui ha bisogno di
coccole, invece l’altro preferito a lui viene portato a fare sport con
entusiasmo, se lui è triste o ha paura, l’altro viene apprezzato per la sua
buona educazione, perché sa stare al suo posto senza lamentarsi. Questa
solitudine e questo tradimento posso riflettere un vuoto che un giorno qualcuno
diagnosticherà come il sintomo distintivo del borderline.
I due
bambini di tre anni sul prato del lago sono spariti alla mia vista lasciandomi
un sorriso sul viso e il ricordo di quelle manine l’una nell’altra. Nella mia
mente invece si sovrappongono figure di bambini di svariate età impauriti.
Bambini che affrontano la solitudine. Bambini che temono il rientro dei loro
genitori e nello stesso tempo temono che non ritornino mai più. Bambini che
fanno fatica a tirare avanti. Bambini che però si abbottonano il grembiule di
scuola, un bottone dopo l’altro dentro le asole, con perizia, mettendoci tutta
l’attenzione possibile, la massima concentrazione. Bambini che corrono verso il
campo di calcio dando l’anima per un passaggio azzeccato e un goal. Bambine che
saltano la corda o giocano all’estatico ridendo. Alzano la mano
all’interrogazione oppure copiano sotto il banco. Il dolore che li assale a
casa non c’è, passato, non esiste la paura, non esiste l’umiliazione e neanche
il vuoto. Il cervello ha creato un compartimento stagno in cui mettere le cose
brutte, quello che resta è la Vita che va avanti e la possibilità di essere
felici.